E’ poesia, allo stato puro.

La pittura, l’arte, il lavoro di Agostino Veroni ci porta in uno stato d’animo particolare di reale poesia, eleganza, armonia formale.

Livornese e dunque legato ad una tradizione toscana che appare evidente nei suoi lavori, riesce ad innovare questa tradizione personalizzando i suoi temi.

Fra i suoi cicli troviamo il paesaggio, dalla campagna alla marina, i fiori, quelle visioni che fanno di lui un ricercatore che sa lasciarsi andare ad un informale, ad un metaformale che cambia in modo copernicano ogni suo gesto, ogni suo colore.

Ha acquisito la lezione di Turner di dissolvere la forma attraverso il colore.

Ed è proprio il colore la magnifica ossessione di Agostino Veroni, il campo di ricerca principale, lo strumento per leggere il proprio stato d’animo e il paesaggio o comunque il tema che si decide di dipingere.

Per lui vale la lezione francese dell’Impressionismo: non rappresenta il paesaggio ma la sensazione in lui nata dal paesaggio stesso. E la prospettiva geometrica viene abbandonata a favore della ricerca del senso del colore.

Lo si vede in ogni sua tela, lo si intuisce dal divertimento, dal gioco pittorico che si crea appena prende i pennelli in mano.

Agostino Veroni parte da una tradizione solida ma non si ferma. Il suo gesto creativo è figlio di un’arte universale che indaga il dialogo fra l’osservazione di ciò che è e un dialogo interiore che funziona da filtro della visione artistica. Tutto questo unito all’interesse principale per il colore, steso ora con gesti più marcati e materici, ora con raffinata eleganza, un colore che genera accostamenti inediti, percorsi, itinerari dell’anima e dell’istinto che scavalcano ogni progettazione razionale dell’opera d’arte con la voglia e la necessità di creare un lavoro unico, reso tale dalla vibrazione del colore.

L’essere materico è una caratteristica che gli appartiene così come quel codice internazionale che lo mette facilmente in dialogo con tutte le realtà. Un’attitudine che Agostino Veroni ha potuto sperimentare viaggiando per mostre in vari paesi del mondo, compreso gli Stati Uniti.

Pur non dimenticando la lezione toscana e quella più ampia della storia dell’arte universale, in primis la lezione impressionista, si avverte in lui un’identità artistica forte che genera visioni poetiche. In particolare il suo recente ciclo sulle ninfee ci ricorda tanto un Claude Monet che lavorava nel suo giardino a Giverny, anche per questo la scelta della collocazione delle sue opere in Expo in Città in Expo 2015 nell’evento “L’Arte e il Tempo”, da un’idea di Giulia Sillato, direzione artistica della stessa Sillato e del sottoscritto, in giugno in piazza Duomo a Milano, nello spazio dedicato all’icona di Monet. Ma Agostino Veroni non replica, istintivamente innamorato del colore, spirito libero, consapevole di quanto un tema sia per lui solo un pretesto di espressione pittorica e artistica, porta avanti una ricerca caratterizzandola con quel tratto inconfondibile che hanno i pittori veri, che hanno gli artisti che possono lasciare un verso originale nella grande commedia della storia dell’arte.

Così, nelle sue ninfee non troviamo l’ambiente di Giverny, ma i sentimenti, le paure, le emozioni e la prospettiva libera e dinamica di un maestro, di un uomo che ha deciso di diventare un ambasciatore italiano del colore nel mondo, grazie ad una tecnica efficace e a un istinto da cantastorie, nel linguaggio delicato e poetico di Agostino Veroni.

 

Giammarco Puntelli

Critico d’Arte